GLI UNGULATI

l Parco ospita diverse specie di ungulati ed in particolare:

  • Stambecco (Capra ibex)
  • Camoscio (Rupicapra rupicapra)
  • Capriolo (Capreolus capreolus)
  • Cervo (Cervus elaphus)

Per tutte le diverse specie di ungulati presenti all’interno del Parco vengono effettuati dei censimenti periodici per valutare lo stato e la consistenza delle popolazioni.
Il Parco da anni porta avanti un piano di monitoraggio sanitario della fauna con particolare riferimento agli ungulati, al quale si rimanda, inoltre nel caso dello Stambecco, viene portato avanti uno specifico progetto di ricerca che, grazie all’utilizzo di radiocollari trasmittenti, fornisce indicazioni di vario tipo sull’eco-etologia di questa specie all’interno della colonia del Parco.

INTERAZIONI TRA ANIMALI SELVATICI E DOMESTICI

Molte delle malattie infettive o parassitarie che colpiscono gli ungulati selvatici vengono trasmesse a questi ultimi dagli animali domestici che gravitano o condividono gli stessi pascoli.

L’interazione tra animali domestici e selvatici all’interno del Parco, grazie all’esperienza acquisita nel corso degli anni, non ha creato problemi di sorta. Per quanto riguarda i bovini al pascolo si provvede di norma alla sverminazione dei medesimi 30-60 giorni prima della salita in malga. Per gli ovini transumanti, il loro transito è stato limitato alle strade di percorrenza a fondovalle attraverso il Parco, al fine di limitare al massimo il contatto tra questi ultimi e gli ungulati.

LE CATTURE

Le catture di animali selvatici all’interno del Parco, con particolare riferimento agli Stambecchi, vengono effettuate per portare avanti dei progetti di ricerca eco-etologici (Dr. Marco Favalli) e sanitari su questa specie di ungulato ad elevato valore biologico.

Le catture vengono effettuate mediante tele-anestesia con fucile lanciasiringhe o cerbottana. L’impiego di sostanze anestetiche per la cattura di animali selvatici richiede una certa esperienza soprattutto per la scelta dei principi attivi e del loro dosaggio corretto.
Dopo essere stati anestetizzati gli animali vengono bendati per diminuire lo stress e sottoposti ad una visita clinica che comprende anche un prelievo di sangue per successivi esami di laboratorio. Contemporaneamente vengono effettuate le misurazioni biometriche e viene applicato un radiocollare che permetterà di avere informazioni sulla posizione e su altri parametri fisiologici dell’animale per alcuni anni.
Generalmente nell’arco di una decina di minuti lo Stambecco viene risvegliato mediante la somministrazione di un antidoto all’anestetico (farmaco antagonista) e liberato in loco.

LE MALATTIE

Le malattie che colpiscono gli ungulati sono un meccanismo importante nella regolazione delle popolazioni di questi animali. Possiamo distinguere le malattie in Non trasmissibili (ereditarie, traumatiche, tumorali, intossicazioni, etc.) e trasmissibili.
Le malattie non trasmissibili non assumono di solito una grossa importanza nella regolazione della dinamica della popolazione e il loro impatto dal punto di vista della mortalità risulta piuttosto basso ad eccezione dei problemi di consanguineità.
Le malattie trasmissibili si differenziano a loro volta in malattie da microparassiti (Virus, Batteri, Protozoi) e macroparassiti (Elminti, Artropodi, altri).
Il punto focale di analisi e di eventuale intervento è dato dall’equilibrio ospite-parassita.
L’approccio sanitario, diagnostico e talvolta gestionale delle malattie che colpiscono la fauna selvatica è profondamente diverso rispetto ai protocolli sanitari utilizzati nell’ambito della medicina veterinaria dei grossi animali o degli animali da compagnia.
Possiamo pertanto parlare di eco-patologia della fauna, ovvero di un ambito medico che prende in considerazione la malattia non come un’entità singola ma come qualcosa di correlato con gli altri parametri della popolazione come ad esempio l’habitat o la pressione antropica.
In quest’ottica la malattia non deve essere sempre vista come un qualcosa di negativo ma in condizioni normali assume un significato di controllo delle popolazioni animali. Talvolta, grazie anche a perturbazioni che vanno ad agire sull’ecosistema, l’equilibrio ospite-parassita viene modificato e l’infezione può causare dei fenomeni di mortalità eccessivi o anomali.

CHERATOCONGIUNTIVITE

Cheratocongiuntivite

 

 

 

 

La cheratocongiuntivite infettiva (IKC) causata da Mycoplasma conjunctivae è una malattia infettiva altamente trasmissibile piuttosto comune tra pecore e capre. Questa malattia può essere trasmessa agli ungulati selvatici, ed in particolare al camoscio ed allo stambecco, da ovini infetti che spesso risultano portatori sani.

L’infezione è caratterizzata da flogosi della congiuntiva e della cornea e negli stadi più avanzati dall’opacizzazione completa della cornea e dall’eventuale concomitante perforazione del globo oculare. Recenti indagini portate avanti in Svizzera (Giacometti et al., 2002) hanno dimostrato che questa malattia non è endemica tra le popolazioni di camosci e che il serbatoio di infezione è dato dagli ovini domestici.

Anche se la mortalità normalmente rimane su livelli bassi (1-5%) può arrivare talvolta a dei picchi del 25%.

I picchi maggiori dell’infezione si verificano in primavera e nel tardo autunno. Come per la rogna non bisogna abbattere i capi infetti, se non in casi particolari, in quanto una elevata percentuale di animali supera la malattia.

L’attività di profilassi deve essere concentrata sulla gestione corretta del pascolo ovicaprino e sul monitoraggio della presenza di questa patologia. In particolare durante le uscite bisognerebbe osservare se ci sono animali con difficoltà di deambulazione, scolo lacrimale, comportamenti strani che possono essere collegati ad un deficit visivo.

ROGNA SARCOPTICA

La rogna sarcoptica degli ungulati è causata da un acaro parassita esterno denominato Sarcoptes scabiei var. rupicaprae ed è presente nella nostra Regione sin dal 1949.
La principale via di trasmissione è il contatto diretto. Questa patologia colpisce anche altre specie di ungulati oltre al camoscio; nel gruppo del Triglav in Slovenia, durante una fase epidemica, la rogna ha colpito circa il 60% della popolazione di stambecchi mentre in Spagna numerosi ricercatori hanno provato come la capra domestica risulti una importante fonte di diffusione della malattia tra i camosci e gli stambecchi.
L’impatto della rogna su di una popolazione di animali che non l’ha mai “incontrata” è spesso molto pesante e causa una elevata mortalità. La regressione della malattia ed il recupero numerico della popolazione avviene grazie ad una percentuale di soggetti che risulta geneticamente predisposta a superare la malattia.
Ogni 10-15 anni si manifestano nuovamente delle epidemie di minore gravità con mortalità piuttosto basse.
La malattia non colpisce solo gli esemplari vecchi o malati; numerose ricerche hanno dimostrato infatti che il sesso, l’età e la densità dei camosci non sono fattori che predispongono l’insorgenza della malattia. Inoltre entrambi i sessi vengono colpiti in eguale misura.
Da anni il Parco Naturale delle Dolomiti Friulane sta portando avanti un piano di monitoraggio sanitario che ha come obiettivo la salvaguardia del patrimonio faunistico che ospita. Questo piano, articolato su più fronti, ha messo in atto un progetto di collaborazione scientifica con numerosi Istituti di ricerca italiani ed esteri.
I dati raccolti durante questo monitoraggio indicano che la popolazione di camosci e stambecchi del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane è una delle più sane dell’intero arco alpino; inoltre sinora non è stato segnalato alcun caso di rogna del camoscio e dello stambecco all’interno del Parco.
Con particolare riferimento alla rogna degli ungulati, considerati anche i focolai del vicino Veneto (vedi cartina), già da alcuni anni il Parco delle Dolomiti Friulane sta portando avanti uno specifico progetto sulla rogna sarcoptica. In prima istanza il Parco ha partecipato ai vari incontri su questa tematica che si sono svolti nelle Regioni limitrofe; in seguito sono stati organizzati due incontri per gli operatori del Parco ed il giorno 3 ottobre 2003 si è tenuta ad Andreis una Conferenza sulla Rogna sarcoptica degli ungulati alla quale hanno partecipato circa un centinaio di persone.
La relazione dopo una breve introduzione del Dr. Paolo Zucca è stata tenuta dal Prof. Luca Rossi del Dipartimento di Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Torino, riconosciuto come uno dei massimi esperti italiani di tale patologia.
Parallelamente, con l’Istituto Zooprofilattico di Pordenone e grazie alla collaborazione dell’Istituto Zooprofilattico di Trento e del Dipartimento di Produzioni Animali, Epidemiologia ed Ecologia della Facoltà di Medicina Veterinaria di Torino è iniziato un progetto monitoraggio sulla presenza di anticorpi contro l’acaro, nel sangue degli ungulati del Parco.

Cartina della Rogna

 

PARASSITOSI 

Parassitosi

La maggior parte degli animali selvatici ospitano dei parassiti ma non per questo significa che sono malati.

Solamente nel momento in cui l’equilibrio ospite-parassita, per varie ragioni, si sposta a favore di quest’ultimo insorge la malattia di solito in forma cronica.
I danni causati dalle parassitosi possono essere di varia natura ma in generale assistiamo ad una depauperazione delle risorse dell’ospite.

 

Gli ungulati solitamente presentano:

  • Strongilosi gastrointestinali – Tricostrongili Strongiloidi
  • Distomatosi – Fasciola, Dicrocoelium sp., Fascioloides sp.
  • Strongilosi broncopolmonari – Dictiocaulidi, Protostrongili, Metastrongili

I rapaci solitamente presentano:

  • Serratospiculiasi
  • Mallofagi
 

REINTRODUZIONI IN NATURA

Da un punto di vista faunistico e sanitario le re-introduzioni, ovvero l’immissione in natura di specie animali provenienti da aree diverse in una determinata area dove già esiste o esisteva una popolazione di tali animali, sono progetti che devono essere ben studiati e programmati per evitare problemi sia dal punto di vista genetico che sanitario. Vari istituti di ricerca e associazioni (es. Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, Società Italiana di Ecopatologia della Fauna, etc.) hanno steso delle linee guida da seguire nel caso di re-introduzioni di animali, proprio per evitare i problemi sopra menzionati.

Il Parco Naturale delle Dolomiti Friulane ha portato avanti nel corso degli anni due progetti di Re-introduzione faunistici su due specie chiave, ovvero lo Stambecco e la Marmotta. In entrambi i casi oltre ad uno specifico studio di tipo eco-etologico che prendeva in considerazione la vocazionalità dell’area, la densità di popolazione etc. della colonia ricevente era previsto un monitoraggio sanitario di tutti i soggetti re-introdotti. Si rimanda anche al Progetto Stambecco e al Progetto Marmotta descritti in dettaglio in questo sito.

Per quanto riguarda il Progetto Stambecco, la maggior parte delle colonie di Stambecchi dell’arco alpino derivano tutte da soggetti re-introdotti a partire da un unico nucleo sopravvissuto nel Parco Nazionale del Gran Paradiso.

La prima reintroduzione di Stambecchi nel Parco Naturale delle Dolomiti Friulane venne effettuata circa una ventina di anni fa con 26 soggetti. La popolazione attuale di Stambecchi all’interno del Parco è di circa 200 soggetti; nel corso degli anni sono stati liberati ancora due piccoli gruppi di soggetti provenienti sempre dal Parco Nazionale del Gran Paradiso al fine di aumentare la colonizzazione e l’espansione della Colonia.

Stambecco